LandEscapes

testo critico di Alice Zannoni

L'uomo che fugge può combattere di nuovo”.

(Demostene)

 

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Se “il gesto nomina le cose”1, LandEscapes, il titolo dell'ultimo ciclo di opere di Mezzapelle&Deriu, è rivelatore delle intenzioni degli artisti che giocano sull'omofonia della parola per marcare la polisemia dei lavori con la precisa volontà di aprire il senso e l'interpretazione all'indeterminato. La disambiguazione, che è caratteristica profonda della poetica del duo, non è indice di un'approssimazione del fare ma, contrariamente, è la conferma della profonda potenza intuitiva che conduce a riflettere sulla sostanza delle cose e sulla forma che questa può assumere: LandEscapes, infatti, continua il filone di ricerca avviato dal 2008, facendo dell'ontologia e delle sua categorie il “questionario” a cui Mezzapelle&Deriu lavorano sollevando riflessioni sull'epoca contemporanea.

L'espressione idiomatica LandEscapes crea una fortissima interdipendenza semantica tra “landscape” e “escapes” consegnando un significato che è circostanziato ai due lemmi e al loro reciproco equilibrio come dinamica tra uomo e spazio in perenne evoluzione.

Il paradosso è che nelle opere di Mezzappelle&Deriu i riferimenti spaziali non esistono, o meglio affiorano, per negazione degli stessi, dalla costruzione prospettica, ma nei lavori non c'è deissi contestuale, non ci sono scenari, non ci sono esplicitazioni che definisco coordinate di spazio-tempo identificabili con un preciso luogo: si tratta di non-luoghi realizzati appunto negando il luogo ma rendendolo, nonostante la sua trasparenza, ugualmente percepibile.

Marc Augé definiva l'essenza del non-luogo in contrapposizione agli spazi antropologici dotati, quest'ultimi, di un'identità, di una ragione storica e relazionale; ebbene, Mezzapelle&Deriu approfondiscono la lettura declinando il senso della mancata identità, non come assenza di identità in sé ma come una nuova e possibile identità della contemporaneità. LandEscapes è' un lavoro concettuale che funziona per sottrazione e in cui l'azione “in levare” è presenza e definizione di un nuovo l'habitat esperienziale.

Umberto Boccioni scrisse, a proposito della scultura futurista, che l'oggetto è immerso in uno “spazio avviluppante invisibile”, in LandEscapes lo spazio resta invisibile ma cambia di segno, diventa “sviluppante”; materia ed energia sono ancora intercambiabili ma il rapporto dinamogeno delle forze non è più centripeto bensì centrifugo. Ed è' proprio la coerenza di direzione tra la spinta spazio-temporale e la rappresentazione che permette ai “landscape” di affacciarsi all'”escapes” con un'interdipendenza possibile perché l'esistenza con le sue sfaccettature pertiene (o sostiene) entrambi.

Il biologico istinto di fuga e il necessario “qualcosa” da cui rifuggire, sono traslazione della condizione contemporanea dell'uomo, della sua instabilità, del divenire sospeso nell'incertezza. Quello di Mezzapelle&Deriu è un monito esplicitato dalla necessità di fermare l'istante di una scena momento drammatico (ma trattata senza pathos), perché nella fuga la prima cosa a evadere è il tempo: la scelta degli artisti di bloccare la scena individuando un preciso istante (che potrebbe anche essere quello successivo) focalizza il senso di una narrazione corale materializzata nella moltitudine degli individui ognuno dei quali ha la propria durata, un proprio flusso, un proprio agire.

Mezzapelle&Deriu realizzano con LandEscapes le scene di un'epica contemporanea, le miniature in poliammide sono un affresco dei tempi attuali e se un tempo si diceva “Pictura est laicorum literatura” oggi il detto ritrova senso con un lavoro che mostra il paradigma postmoderno con i suoi limiti e debolezze.

LandEscapes non sono una promessa di speranza ma, per fortuna, l'essenza della fuga è quella di non avere direzioni e ciò è già sufficiente ad immaginare una liberazione da un'angosciante indeterminazione un po' come accadde con i corpi pietrificati di Pompei costretti nel magma di un'eruzione improvvisa in cui la fuga era l'unica ipotesi di salvezza.

 

Alice Zannoni

1 Filiberto Menna, La linea analitica dell'arte moderna. Le figure e le icone, Einaudi, 1975